Desdemona in città

Una studentessa del CUT legge in pubblico la lettera di Desdemona

  • credits: CAPAS

“Come stai?

Io Desdemona, sono stata male. Sono stata al buio per trenta minuti. Mi ha tolto il respiro, coprendomi il viso con il cuscino”

-Dalla lettera di Desdemona, scritta dalle studentesse e gli studenti del CUT

Sara Campanella, Martina Carbonaro, Giulia Cecchettin…  i nomi sono infiniti e ogni giorno se ne aggiungono di nuovi: donne ferite, uccise e strappate dalla vita. Com’è possibile che la storia di Desdemona, giovane sposa strangolata violentemente da suo marito Otello nell’omonima opera shakespeariana, sia così simile, se non identica, a quelle di oggi? Cosa succede se una persona ha la possibilità di rispondere a una vittima di femminicidio? Quali sono le reazioni, le parole, le emozioni che ne scaturiscono?

Attraverso il progetto teatrale Desdemona in città realizzato dalle ragazze e i ragazzi del CUT (Centro Teatrale Universitario), i cittadini di Parma sono stati stimolati a rispondere ad una ipotetica lettera scritta da Desdemona. Il contenuto raccontava in prima persona gli ultimi suoi strazianti momenti di vita nella camera da letto: un rifugio d’amore trasformatosi presto in un giaciglio di morte.

Il progetto ci viene raccontato da Stefania Babboni, la referente progettuale e didattica del CAPAS, e da Roberta Gandolfi, professoressa di Discipline dello Spettacolo all’Università di Parma Il 25 novembre 2023, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, hanno coordinato i ragazzi e le ragazze del CUT, facendoli diventare per un giorno “postini” e “postine”, in un’azione teatrale e performativa: gli studenti hanno distribuito e letto le parole di Desdemona agli abitanti di Parma. I cittadini coinvolti hanno potuto risponderle in privato, inviando loro stessi “lettere” digitali tramite Whatsapp e mail. Il progetto ha raggiunto così il suo obiettivo: sono forti le riflessioni e le emozioni di chi ha vissuto l’esperienza, come ci raccontano le due autrici del libro-testimonianza.

Com’è nata questa performance teatrale? E perché avete deciso di realizzarla sotto questa forma?

R: Io e Stefania abbiamo risposto a un bando interno dell’università di Parma emesso dal CUG (Comitato Unico di Garanzia dell’ateneo), che aveva come scopo quello di sensibilizzare le persone sulla violenza di genere con metodologie innovative. Abbiamo pensato di realizzarlo attraverso i linguaggi del teatro, proponendolo al CUT. Gli studenti hanno accettato con entusiasmo, come anche la teatrante che si occupa della loro formazione da attori: Beatrice Baruffini. E così, il progetto ha preso vita.

S: Il 25 novembre del 2023 i nostri ragazzi del CUT hanno messo in atto diverse azioni di sensibilizzazione per la città, in svariati contesti, distribuendo lettere cartacee con le ipotetiche parole di Desdemona scritte al loro interno e trovandosi anche a leggerle e interpretarle davanti a gruppi di persone.

R: Questa metodologia presenta caratteri innovativi: non è un modo classico di fare teatro, non è uno spettacolo sul palcoscenico. È un’azione performativa e teatrale nella città, per le strade. Non si voleva solo consegnare una lettera, ma leggerla: si trattava di un’azione diretta, a stretto contatto con il pubblico. I cittadini in questo caso non sono stati semplici spettatori: hanno avuto un ruolo attivo, hanno potuto reagire. Potevano rispondere, commentare o astenersi. Si parla di drammaturgia partecipata.

Pensate che il teatro sia il mezzo giusto, tra i tanti, per parlare di temi così delicati?

S: Assolutamente. Aver potuto seguire il progetto dall’inizio alla fine mi ha fatto capire quanto l’esperienza sia stata determinante nel percorso di crescita personale per gli alunni che hanno partecipato. L’azione non era rivolta solo all’esterno, ma è stata anche introspettiva: un teatro sociale sotto molti punti di vista. I riscontri arrivati su Whatsapp da chi ha ricevuto la lettera a mano, hanno dimostrato che le parole di Desdemona riportate al suo interno sono riuscite a veicolare il messaggio. Tutte quante le risposte sono poi state pubblicate in forma anonima nel nostro libro.

R: Sono d’accordo con Stefania. Inoltre, non è la prima volta che il teatro parla di questioni di genere: l’hanno già fatto molte attrici del teatro contemporaneo, come Franca Rame, che negli anni ‘80 riuscì a denunciare in forma di monologo teatrale uno stupro subito. Le drammaturghe hanno sempre trattato questo tema, soprattutto a partire dalla prima ondata del movimento femminista in avanti.

Perché avete scelto la figura di Desdemona per parlare di un tema tanto attuale come il femminicidio?

R: Al teatro piace riattivare figure e testi del suo repertorio. L’idea è stata di Beatrice: Desdemona è un personaggio del famoso testo shakespeariano “Otello”. Ai nostri occhi, con una visione attuale, capiamo che è stata vittima di un femminicidio: Otello la uccide per gelosia. Abbiamo voluto usare una figura mitica come riferimento per non dare il nome reale di una vittima, evitando di legarla alla realtà. In questo modo, i cittadini che hanno risposto hanno potuto usare l’immaginazione: tutte le loro lettere iniziano con “Cara Desdemona…”. Sanno che lei non è mai esistita, ma stanno al gioco: questo è il teatro.

Pensate che all’università si parli abbastanza di educazione sessuale, affettiva e di femminicidi?

S: L’anno scorso i ragazzi del CUT sono stati coinvolti in un importante convegno che si è tenuto in Aula Magna: Per un’università libera da molestie e violenze di genere. In questo incontro convergevano riflessioni che riguardavano tanti atenei italiani.

R: Nel nostro dipartimento ci sono ricercatori come Laura Gherardi e Gianluca Maestri che lavorano sul tema dell’affettività, discusso anche nei loro corsi di Sociologia della cultura. Inoltre, nel corso di Giornalismo, Marco Deriu ha coordinato un incontro focalizzato sulle molestie di genere in quello specifico ambito lavorativo. Ha invitato giornaliste e giornalisti di varie redazioni a raccontare quanto subito sul posto di lavoro. C’è quindi una grande attenzione sul tema, nella nostra università.

Avete trovato grandi differenze tra la storia di Desdemona e le storie che si sentono quotidianamente al telegiornale o sui nostri social?

S: È difficile rispondere. Credo che negli ultimi anni la percezione e la sensibilità collettiva si siano notevolmente smosse. Lo dico perché, mentre il progetto prendeva corpo, vivevamo un grande shock nazionale: erano i giorni appena successivi al ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin.

R: In quel momento ci era sembrato di aver visto una forte reazione civile, a partire dai giovani: molti ragazzi e professori ne parlavano nelle classi, anche in quelle universitarie. Ma, nonostante tutto, oggi i femminicidi continuano a un ritmo brutale. Tutte storie tra loro diverse, ma quello che le accomuna è la cultura del patriarcato, molto dura a morire. Basti pensare al delitto d’onore, abolito in Italia solo nell’ ’81: erano passati solo tre secoli da quando  Shakespeare componeva. In moltissime situazioni, la donna rimane ancora oggi proprietà del padre o del marito.

“Desdemona siamo tutte noi”, ho detto all’uomo seduto al ristorante.

“E allora per tutte le Desdemona, posso darti un abbraccio?”-

– Dall’esperienza di Francesca Stucchi, una delle “postine”.

  • Martina Collini

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