
Parenti, colleghi e amici dei giornalisti palestinesi Sari Mansour e Hasona Saliem, uccisi durante il loro lavoro, piangono alla cerimonia funebre tenutasi a Deir al-Balah. Striscia di Gaza, 2023.
Immagini potenti e senza filtri come questa sono state (e continuano ad essere) il corpo della mostra “I Grant You Refuge – Ti Concedo Rifugio”, che ha avuto luogo a Reggio Emilia, dal 24 aprile all’11 maggio, all’interno degli spazi di Ateliers ViaDueGobbiTre in occasione dell’appuntamento annuale di Fotografia Europea;
L’esposizione, una collettiva curata da Paolo Patruno, ha raccolto le fotografie di Shadi Al- Tabatibi, Mahdy Zourob, Mohammed Hajjar, Saeed Mohammed Jaras, Omar Naaman Ashtawy e Jehad Al-Sharafi con l’obiettivo di dare voce alle sofferenze vissute dal popolo palestinese.
<<Ho seguito gli eventi di Gaza fin dall’inizio, notando che, ad esclusione di alcuni social come Instagram, i principali mezzi d’informazione non condividevano in nessun modo il vissuto della popolazione>> mi ha raccontato Paolo, spiegandomi che l’intento principe della mostra è stato prima di tutto comunicativo, un modo di sfruttare l’arte della fotografia, da lui considerata un mezzo in grado di farsi portatore di moltissimi significati.

Una madre e un padre stringono tra le braccia i loro figli uccisi in un bombardamento israeliano che ha colpito la loro tenda a Deir al-Balah. Striscia di Gaza, 2024
Fotografo e film-maker documentarista, Paolo Patruno ha seguito lavori in proprio e collaborazioni con ONG specialmente in Africa, continente le cui storie e problematiche sono spesso ignorate dai media e governi occidentali. L’idea della sua prima mostra nasce da queste intenzioni, unitamente alla volontà di diversificare il metodo dato che a Gaza erano già presenti molti fotogiornalisti; la ricerca è consistita nel contattare via social alcuni fotografi palestinesi presenti sul posto, specificando l’intento non giornalistico della sua richiesta, ma quello della pura comunicazione visiva. I sei fotografi sopracitati hanno risposto volentieri, inviando le immagini che, successivamente, Patruno ha organizzato nelle varie mostre, adattando le scelte in base agli spazi e cercando di rendere sempre lo stesso racconto, sottolineando il fatto che molti professionisti sono morti per questo.
L’esordio è arrivato con la prima esposizione a Fiesole, poi Castellanza, Reggio Emilia e Bologna, nelle quali è stato direttore artistico in prima persona; con il tempo le richieste si sono moltiplicate fino ad arrivare, ad oggi, a 45 esposizioni in 36 diverse città italiane, tra quelle già avvenute e programmate da gennaio a dicembre 2025, per oltre 1000 giorni di esposizione. I punti fermi in ogni mostra sono scatti della vita quotidiana nella Striscia di Gaza, in particolare bambini che seguono lezioni scolastiche in “aule” improvvisate o che giocano in mezzo alle macerie.

Bambini palestinesi giocano tra le macerie della loro casa nel campo di Jabalya. Striscia di Gaza, 2024
Paolo detiene, per ogni mostra, la scelta delle immagini, in base al numero richiesto dalla struttura ospitante, dalla raccolta di circa 400 totali; la salvaguardia del racconto e del messaggio che vuole che passi agli spettatori è infatti il suo caposaldo: l’umanità che tenta di conservarsi nonostante la morte e la distruzione che circonda il popolo palestinese.
“Ho continuato per tanto tempo anche rispetto al riscontro che ho avuto” dice, a proposito di alcuni dei suoi diversi lavori documentaristici in Africa; “molti studenti, ad esempio, mi contattano tutt’ora per le tesi di laurea o progetti universitari” concludendo infine:
<<Quando racconti delle storie stai mettendo a disposizione le informazioni di cui parli a persone che potrebbero, oltre a guardarle o leggerle, utilizzarle per iniziative o come fonti di ispirazione>>
Sottolinea infine l’importanza della comunicazione attraverso mezzi artistici di temi non noti all’attenzione pubblica, caratterizzata da grandi possibilità di diffusione delle informazioni. Si può di conseguenza
arrivare ad una riflessione sulla affidabilità di queste ultime, in quanto l’altra faccia della libertà mediatica è, per forza di cose, l’interazione con fake news e manipolazioni di ogni sorta da parte di chi detiene i mezzi d’informazione.



