Lo immagini in una biblioteca silenziosa, tra manuali di storia e dossier geopolitici. O magari mentre prende appunti in ambasciata, immerso tra lingue diverse e il desiderio di scoperta. Classe ’99, aria sveglia e passo deciso, Nicolas Lazzarini non vuole essere solo di passaggio: il suo viaggio comincia proprio dall’arrestarsi in luoghi lontani dal suo, perché per chi ha sete di conoscenza, fermarsi significa iniziare ogni volta una nuova avventura.
In questo percorso saremo guidati a cogliere, tra le tappe, i segnali di una generazione che crede nella forza delle proprie scelte.

«Già dopo il primo esame all’Università di Parma ho deciso:
sì, voglio provare a fare il diplomatico»

Dopo le superiori, ha scelto di iscriversi alla triennale in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali all’Unipr: «Ho scelto questa facoltà perché mi sono sempre interessato di dinamiche internazionali ed ero appassionato di storia, di diritto e di tutte quelle materie che erano all’interno del corso».
Fin dalla triennale, la strada sembrava chiara, ma non c’è stato spazio per ingenuità.

«È iniziata in triennale, ma poi mentre studi tieni aperte tante altre porte, perché non è detto che quello che pensi sia la cosa giusta fin dall’inizio. Io ne ho considerate diverse, ma il mio pensiero principale è sempre stato quello della diplomazia sin dall’inizio.»

E il percorso continua: «Non ho mai avuto alcun dubbio di voler fare la magistrale, ma sentivo il bisogno di fare una magistrale più tecnica per andarmi a specializzare in qualcosa di più concreto».
La scelta è ricaduta sulla magistrale in Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe, «una laurea in relazioni internazionali sull’Est Europa», offerta in lingua inglese tra le università di Bologna, Zagabria e Kaunas. «L’ho scelta perché dava la possibilità di fare un semestre all’estero e c’erano diverse scelte, tra le quali San Pietroburgo, che mi ispiravano molto… poi per le condizioni geopolitiche che ben sappiamo non è stato più possibile andare in Russia, perciò mi sono più virato sullo spazio dell’ex Jugoslavia, quindi sono andato a continuare il mio percorso in Erasmus a Zagabria».
Sono tre i primi passi che lo hanno reso cittadino del mondo:

«Ho fatto diverse esperienze internazionali: dapprima in Finlandia, in Lapponia, a Rovaniemi; poi a Zagabria, in Croazia; e infine a Yerevan, in Armenia. Ogni esperienza aveva le sue difficoltà e le sue cose più belle».

Quella in Armenia «mi ha fatto aprire gli occhi» dice Nicolas, destandosi dal filtro di un’Italia per certi versi indifferente:

«vedere come da un momento all’altro alcune cose non siano scontate – come avere l’acqua tutti i giorni a casa – ti fa capire come il mondo sia vario e abbia diritto ad essere attenzionato sotto tanti punti di vista».

Se la passione per le dinamiche internazionali ha origini lontane, l’esperienza in Armenia dà una conferma definitiva.

«Il tirocinio in ambasciata italiana a Yerevan mi ha permesso di aumentare la mia consapevolezza e determinazione nel raggiungere la carriera diplomatica in maniera esponenziale. Dopo aver visto l’ambiente diplomatico, le mansioni che svolgevano i diplomatici e che svolgevo io, insieme all’ambasciatore e al vice capo missione, ho visto che era proprio quello che volevo fare».

Un test decisivo, ma anche un incontro con una realtà complessa e spesso dimenticata: «Ho scelto Yerevan perché mi sono appassionato delle zone del Caucaso del Sud. Viverli in prima persona in un contesto diplomatico è stata davvero una cosa magica per me, che mi ha aiutato a capire che quello era il mio mondo.»
Non ci sono limiti in un percorso quando ogni sfida diventa un’opportunità, «io trovo la mia comfort zone nel sentirmi fuori posto, nel sentirmi disorientato» afferma Nicolas. La curiosità e la voglia di conoscere per lui sono il moto e la meta, sostenute dalla consapevolezza di sapere le persone a lui care «presenti nonostante la distanza».

«Mi sono sentito disorientato in Finlandia, in Armenia… lì soprattutto perché non riuscivo a comunicare, se non con la mia conoscenza base del russo, ma questo non mi spaventava, anzi, mi sfidava a voler capire di più. Non mi sento svantaggiato, ma avvantaggiato perché scopro posti, vite e storie nuove e questo mi fa star bene».

A Zagabria, le approssimative conoscenze iniziali lasciano spazio alla scoperta profonda di un’area forse fraintesa da occhi distratti. «È difficile parlare con i miei coetanei o con le persone che conosco di culture così belle quando non si ha voglia di vivere con la mente aperta» afferma e aggiunge «quando ho vissuto la cultura, le canzoni, la lingua, le persone, le tradizioni, il cibo… tutte cose che hanno una loro specificità, mi sono innamorato della cultura balcanica».
Quello che resta, dopo viaggi, studi e scelte diverse, è una determinazione incrollabile e sempre più consapevole. «Ero uno studente molto preciso, molto determinato. Questo non è cambiato: se ho un obiettivo lo devo raggiungere e in qualche modo lo raggiungo, o almeno ci provo, con quello che è nelle mie possibilità». Ma riconoscere un nuovo valore delle cose smuove sempre qualche convinzione:

«Non mi concentro più solo sui risultati scritti, perché adesso m’interessa quello che mi rimane e mi dà una materia, un esame e tutto quello che è il contesto. In un esame in inglese, in un posto completamente diverso dal tuo, il voto non è altro che un valore aggiunto».

Profondamente coerente con i propri principi, Nicolas si rifà al concetto della diplomazia: «Non puoi mai pensare che tutti i tuoi ideali passino a chi incontri. Se mi chiamassero per rappresentare l’Italia all’estero domani lo farei a prescindere dalla causa. Essere diplomatici è per antonomasia fare dei compromessi e rappresentare il proprio paese è un onore». Un requisito essenziale forse è proprio «amare il proprio paese in modo critico ma anche in modo quasi folle».

E oggi? Il sogno è lo stesso.

«Dopo la laurea sono andato a lavorare per potermi permettere un corso di preparazione al concorso. La carriera diplomatica è ancora oggi un po’ elitaria e molto complessa, anche dal punto di vista economico. Nonostante i sacrifici io sono ancora qua a sperare in quel sogno: un sogno che dura sette anni e spero che duri ancora per poco»

afferma ridendo, nella speranza che diventi realtà.

  • Sonia Manna

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